mercoledì, novembre 23, 2005

Yankee go home


Da il manifesto di oggi:
Martino: «I sottomarini Usa se ne vanno»
I sommergibili nucleari americani andranno via dalla base della Maddalena. Il giorno dopo le rivelazioni di un istituto francese sul disastro atomico sfiorato a un passo dalla costa il 25 ottobre 2003 e le successive menzogne dei militari Usa, il ministro della Difesa Antonio Martino rivela di aver concordato, in un incontro ieri a Washington con il suo omologo Donald Rumsfeld, il trasferimento fuori dal territorio nazionale della base per sommergibili nucleari. L'operazione si inserirebbe nel quadro della ridislocazione delle forze Usa in Europa. Smentita qualsiasi ipotesi di ampliamento, così come non sarebbe prevista alcuna cessione di parte dell'arsenale militare italiano alla Us Navy. Ma sono ancora ignoti i termini dell'accordo: se insieme ai sommergibili andrà via anche la nave-appoggio e i militari, dove verranno ridislocati e soprattutto quando. Nel frattempo i porti nucleari italiani si riducono a dieci. Soddisfatto il presidente della Sardegna Renato Soru: «E' una cosa meravigliosa, aspettiamo che il trasferimento diventi operativo»
«Via i sommergibili» I mezzi nucleari Usa lasceranno la Maddalena. L'annuncio del ministro della Difesa MartinoCOSTANTINO COSSUOLBIA Alla fine il movimento pacifista sardo ha vinto. I sommergibili nucleari della Us Navy andranno via dalla Maddalena. Lo ha detto ieri il ministro della Difesa, Antonio Martino, al termine di un incontro con il suo collega americano Donald Rumsfeld. «I sottomarini atomici - ha detto il ministro della Difesa - saranno trasferiti fuori dal territorio della base di Santo Stefano secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti». «L'operazione - spiega Martino - si inserisce nel quadro di una ridislocazione delle forze Usa in Europa e conferma che le notizie relative al potenziamento della presenza di sommergibili nucleari Usa alla Maddalena e di un ampliamento della base erano prive di fondamento e che non è prevista alcuna cessione di parte o di tutto l'Arsenale alla Us Navy». Martino ha fatto cenno alle richieste che sono arrivate dalla giunta Soru, per dire che la decisione presa ne ha tenuto conto. Un'ammissione del peso che la pressione del movimento pacifista sardo ha avuto in tutta questa storia. Poi il ministro ha ringraziato l'alleato a stelle e strisce: «Desidero esprimere tutta la riconoscenza italiana agli Stati uniti per l'importante presidio di sicurezza che la base di Santo Stefano ha rappresentato per oltre un trentennio e per il grande contributo che la sua presenza ha fornito allo stesso sviluppo e alla crescita economico-sociale dell'area». Giustificata la soddisfazione del presidente della giunta regionale sarda, Renato Soru, che da più di un anno chiede che la base della Maddalena venga chiusa. «E' una cosa fantastica, è la più bella notizia degli ultimi tempi», ha detto ieri Soru quando è stato informato dell'annuncio di Martino. Ma il trasferimento, non si sa dove, dei sommergibili atomici non risolve tutti i problemi. I sottomarini, infatti, vanno via, ma la base resta. Con tutti i problemi che, nonostante le parole di Martino, la presenza della Us Navy crea ad un'area che è parco naturalistico nazionale e che ha una vocazione soprattutto turistica. L'obiettivo della chiusura della base rimane e la decisione di Martino non potrà significare la rinuncia a questo obiettivo o un indebolimento della pressione, su questo punto, del movimento che in Sardegna chiede lo smantellamento di tutte le servitù militari. Inoltre, bisognerà vedere quali saranno i modi, ma soprattutto i tempi, del trasferimento dei sottomarini. Un eventuale governo di centrodestra, dopo le prossime elezioni politiche, che garanzia darebbe dei modi e dei tempi della decisione annunciata da Martino?La notizia dell'allontanamento dei sommergibili nucleari dalla Maddalena è arrivata all'inizio di una giornata nel corso della quale si sono sentite ancora molte voci allarmate per le rivelazioni sull'incidente all'Uss 768 Hartford, il sommergibile nucleare Usa incagliatosi a poche miglia dalla Maddalena il 25 ottobre 2003. «Nuove inquietanti notizie - dice Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente e deputato della Margherita - che confermano i sospetti, aumentano i timori e la sfiducia. E che impongono un ripensamento complessivo della presenza della base militare». «Sfiducia perché - spiega Realacci, che sull'argomento presenta un'interrogazione parlamentare ai ministri della difesa, della salute e dell'ambiente - ogni nuovo tassello dimostra una gestione oscurantista dell'incidente, e una gravissima sottovalutazione dei rischi, a dispetto della salute dei cittadini e del loro diritto a sapere». «L'incidente - ricorda il parlamentare della Margherita - non sarebbe avvenuto ad oriente ma ad occidente di Caprera, e non al largo ma a poche centinaia di metri dalla Maddalena e dalla base Nato». Ai ministri Martino, Matteoli e Storace, Realacci chiede di sapere «se quanto apprendiamo corrisponda a verità e se il governo fosse a conoscenza dell'esatta localizzazione dell'incidente». «E perché - chiede ancora il deputato della Margherita - in caso positivo, non abbia fornito informazioni veritiere alla popolazione e al Paese». Se, invece, fosse stato all'oscuro di tutto, «quali iniziative intendano attuare» i tre ministri «nei confronti degli Stati Uniti, gravemente manchevoli» verso il governo italiano.
Stop anche alla base spaziale Fermata la costruzione di una rampa di lancio a Capo San LorenzoC. CO.OLBIA Prima la base della Maddalena che triplica, adesso il poligono di Capo San Lorenzo, sulla costa sud-orientale dell'isola, che s'ingrandisce. O meglio che avrebbe dovuto ingrandirsi, prima che arrivasse lo stop della giunta regionale sarda. Convocata dal ministro per le infrastrutture e i trasporti, ieri mattina si è tenuta a Cagliari una conferenza di servizio in cui il Centro italiano di ricerche aerospaziali ha presentato un progetto per realizzare, nella base, una rampa di lancio per navicelle senza pilota da sperimentare nella stratosfera. Il tutto è stato presentato dal ministero come un piano di ricerca tra scienza e tecnologia a fini esclusivamente civili. Si tratterebbe di sperimentare materiali e tecniche di costruzione di nuovi velivoli con ricadute solo indirettamente militari. Ma il presidente della giunta sarda, Renato Soru, che chiede che la presenza militare in Sardegna sia drasticamente ridotta, ha risposto con un secco no. Almeno per il momento il progetto è bloccato. La prudenza del governatore è giustificata dalla localizzazione della rampa di lancio dentro la base, che è un poligono utilizzato dalle forze armate italiane e dalle forze dei paesi Nato. Che possibilità di controllo avrebbe la Regione se l'attività di ricerca venisse collocata all'interno di una zona sotto stretto controllo militare? Su questo punto il progetto presentato ieri non dà alcuna garanzia. Nei mesi scorsi si è anche discusso di un progetto per la costruzione di una nuova pista per caccia bombardieri all'interno del poligono di Quirra. Anche questo progetto per il momento è fermo, forse in attesa che si spengano i riflettori dei media, che hanno denunciato come in molti comuni all'interno della base, la più grande d'Europa, siano stati registrati, negli ultimi anni, indici di morte per tumore molto superiori alla media nazionale. Anche dopo lo stop di Soru e l'annuncio di Martino il coordinamento dei gruppi pacifisti e antimilitaristi sardi continua a chiedere la sospensione immediata di tutte le esercitazioni militari in Sardegna e la chiusura delle basi. Oltre La Maddalena e Capo San Lorenzo ci sono anche Quirra e Capo Teulada. «Le servitù - affermano i promotori dell'iniziativa - impediscono, nei territori gravati da servitù militari, qualsiasi altra forma di economia basata sui reali bisogni dei cittadini e sul rispetto dell'ambiente». I comitati di base chiedono «perché non esistono sistemi di monitoraggio ambientale e perché non sia mai stata realizzata un'indagine epidemiologica seria».
Ma in Italia rimangono 10 porti nucleari Quello della Maddalena non sarà il primo porto nucleare a chiudere i battenti. Da quando il manifesto, nel febbraio 2000, portò alla luce l'esistenza di ben 12 porti nucleari in Italia, rigorosamente tenuti segreti, in ognuna delle città coinvolte si avviarono mobilitazioni per la chiusura. La prima, e fino a ieri l'unica, a ottenerla, era stata quella di Genova, in virtù dell'impegno diretto del comune e del fatto che si tratta di una città d'arte. Ma questa volta non si tratta solo del ritiro di una concessione all'approdo per imbarcazioni a propulsione atomica. Alla Maddalena c'è una nave-appoggio Usa con un migliaio di marines a bordo, e lì vengono effettuate anche riparazioni.
MADDALENA Un ritiro all'ombra delle urne MANLIO DINUCCIDopo aver annunciato, all'unisono con il presidente del consiglio Berlusconi, che le truppe italiane si ritireranno dall'Iraq alla fine del 2006 «secondo tempi e modi che saranno delineati entro il prossimo gennaio», il ministro della difesa Martino ha fatto un altro sensazionale annuncio: i sottomarini Usa di Santo Stefano, La Maddalena, saranno trasferiti fuori dal territorio nazionale della base. L'operazione, che «si inserisce nel quadro di ridislocazione delle forze Usa in Europa», sarà compiuta «secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti», come stabilito con il collega Usa Rumsfeld. La notizia è stata definita dal presidente Soru «fantastica». Soru ha indubbiamente tutte le ragioni per gioire: comunque sia, l'annuncio del governo Berlusconi che i sottomarini Usa saranno trasferiti «fuori dal territorio nazionale della base» è certamente frutto del crescente movimento popolare le cui richieste sono state fatte proprie dal consiglio regionale sardo. A far crescere la preoccupazione e quindi l'opposizione popolare alla presenza della base sono stati in particolare gli incidenti dei sottomarini a propulsione nucleare, dei quali la popolazione e anche le autorità sono state tenute all'oscuro. Tra questi, l'incidente del sottomarino Hatford incagliatosi nelle acque dell'arcipelago maddalenino nell'ottobre 2003, rivelatosi molto più grave (v. il manifesto di ieri) di quanto dichiarò allora il contrammiraglio Stanley, che parlò di «incidente di piccola entità». Detto questo, occorre però recepire l'annuncio del ritiro dei sottomarini Usa, così come quello del ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, con estrema prudenza.Anzitutto, stando ai comunicati delle agenzie, non si parla di chiusura della base della Maddalena ma di trasferimento dei sottomarini «fuori dal territorio nazionale della base». In secondo luogo non si prende alcun impegno sui tempi del presunto trasferimento, che dovrebbe essere attuato «secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti». Può apparire invece credibile che, «nel quadro di ridislocazione delle forze», il Pentagono stia studiando una diversa dislocazione dei sottomarini. Sarebbe invece pericolosamente illusorio pensare che il Pentagono intenda diminuire la presenza di forze militari Usa in Italia e nel Mediterraneo. Basti ricordare che la marina Usa ha il suo centro principale a Napoli, dove è stato trasferito il quartier generale delle Forze navali Usa in Europa che prima era a Londra, e che, oltre a La Maddalena, dispone della base aeronavale di Sigonella e si sta preparando a utilizzare più efficamente il porto di Taranto. In tal modo il Pentagono sta trasformando sempre più l'Italia in trampolino di lancio della «proiezione di potenza» statunitense verso sud e verso est. Il fatto che il «ritiro» dei sottomarini Usa sia stato annunciato contemporaneamente a quello delle truppe italiane dall'Iraq non è casuale. Il governo di centrodestra vende in realtà la pelle dell'orso, ben sapendo che a decidere non è Roma ma Washington e che a promettere qualcosa da attuare dopo le elezioni non rischia nulla. Intanto, però, con tali promesse spiazza il centrosinistra, il cui impegno sul ritiro delle truppe dall'Iraq è estremamente titubante e quello sulle basi Usa in Italia assolutamente assente. La sinistra si è infatti da tempo ritirata dalla lotta contro le basi Usa in Italia: questo è il vero ritiro, che continua a pesare sul quadro politico italiano.
La doppia strategia di Renato SoruPer combattere gli Usa aveva assoldato Luttwak. Ora esulta: «Meraviglioso»SARA MENAFRA«E' una notizia meravigliosa. Se diventasse operativa si farebbero i salti di gioia». Il governatore della Sardegna Renato Soru, che nella battaglia per mandare via gli Usa dalla Maddalena ha sempre creduto, ieri sera non ha voluto dire altro, forse anche per aspettare di capire meglio una dichiarazione statunitense che non si può ancora definire «addio». Del resto la sua strategia nel condurre una sfida complicata come quella contro le scelte di Washington sul Mediterraneo è sempre stata questa: ponderata ma costante. Se vi pare, chiamatela quella di Davide contro Golia. Pur di vincere questa battaglia, Soru è stato disposto davvero a tutto. Persino a proporre all'ultra conservatore Edward Luttwak di lavorare come consulente per la regione Sardegna. Caparbio come un mulo della Barbagia, verrebbe da dire, tanto da riuscire a convincere lo stesso Luttwak a darsi da fare, sebbene il contratto non fosse stato sottoscritto. Proprio l'ex consigliere di Washington aveva spiegato per primo al governatore Sardo che questi sarebbero stati mesi decisivi per le scelte degli americani sul Mediterraneo e che la sua battaglia era «difficile, soprattutto perché costosa per il bilancio Usa, ma non impossibile». Chi non lo capiva, come spesso è capitato alla sinistra sarda, finiva per contestarlo. Come quando alcune settimane fa l'inventore di Tiscali si è permesso di dichiarare la sua «fiducia» negli Stati uniti e nel governo italiano alla trasmissione mattutina della Rai «Cominciamo bene». Dietro quel motto, ripetuto fino allo strenuo, «gli americani sono venuti da amici e da amici se ne devono andare», non c'era nessuna resa. Anzi. Giusto due sere fa il governatore aveva dato mandato ai legali della regione di studiare il caso del parco della Mailella, che vinse il ricorso contro un insediamento militare perché nell'autorizzare la costruzione il governo non aveva chiesto il parere vincolante dell'Ufficio della tutela del paesaggio. Anche se ieri il documento diffuso da Martino negava che gli Usa volessero ampliare la base occupando anche l'antico Arsenale, Soru sapeva che il progetto c'era perché proprio lui aveva trovato mesi fa i documenti segreti relativi. E in quei documenti gli americani mostravano di sapere altrettanto bene che il governatore non è un osso facile: «Bisogna fare in fretta perché la Sardegna è un territorio ostile», avevano scritto in un passaggio del progetto.Soru aveva spiegato le sue idee a tutti e in tutti i modi. Cercava la strada per essere ricevuto dal governo (e forse lo sarà comunque, ma sulla vicenda di Salto di Quirra, vedi pezzo in pagina). E lo scorso anno aveva incontrato due volte l'ambasciatore americano a Roma Mel Sembler. Con Ronald Spogli, nominato appena prima dell'estate, non c'era ancora riuscito. Ma tramite canali informali via Veneto gli aveva confermato l'idea di Luttwak: «Sono mesi decisivi». Di commentare, ieri sera, non c'era neppure bisogno
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1 Commenti:

Alle 8:23 AM , Anonymous Anonimo ha detto...

chi sei>?

 

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